Anche quest’anno è arrivata la festa della donna. Tra mimose, regali e cioccolatini il significato di questa festa si è un po’ svuotato.
Calma, questo non vuole essere l’ennesimo post sulla storia dell’8 marzo. Se stai cercando questo, su Google puoi trovare un’infinità di articoli.

© Giosetta Fioroni, Doppio liberty, smalti colorati su tela, 80×100, 1965.
L’emancipazione femminile è un fenomeno piuttosto recente ed è tutt’ora ancora in corso per certi aspetti. Nell’arte la questione femminile si è svolta di pari passo agli altri ambiti. Solitamente la donna era il protagonista indiscusso dei soggetti delle raffigurazioni, e le si attribuivano diversi significati.
Essere donna ed artista in passato era piuttosto complicato. Nel corso della storia dell’arte poche sono state le donne che sono riuscite ad emergere come artiste. Infatti, per diventare pittrici professioniste si dovevano affrontare ostacoli importanti, come l’impossibilità di iscriversi all’accademia o frequentare lezioni di disegno. Tuttavia, nell’arte come nella società, i ruoli e lo status delle artiste sono gradualmente cambiati nel corso del XIX secolo.
Nel 1971 , la storica dell’arte americana Linda Nochlin pubblicò il suo saggio “Why Have There Been No Great Women Artists?” – “Perché non ci sono state grandi artiste donne?”- nel quale si concentrava sugli ostacoli istituzionali che avevano impedito alle donne occidentali di diventare artiste di successo. Il saggio fu considerato pionieristico per la storia dell’arte avviando una ricerca sulle artiste donne più importanti della storia.
Tra le prime artiste più conosciute c’è Artemisia Gentileschi , che ora è considerata una delle grandi artiste del periodo barocco. Il XIX secolo vide la nascita di diverse importanti artiste occidentali come Rosa Bonheur e Mary Cassatt, che divennero rispettivamente pittrici di spicco del Realismo e dell’Impressionismo. Nel XX secolo accrebbe il numero delle artiste donne, e pittrici come Georgia O’Keeffe e Frida Kahlo contribuirono a modificare l’equilibrio di genere nel mondo dell’arte.
Oggi tuttavia, ti parlerò di una sola donna, un’artista italiana che stimo moltissimo, Giosetta Fioroni.
Lei stessa si definiva “un artista senza apostrofo, perché l’arte parla dell’altrove e non ha genere”. Classe 1932, Giosetta Fioroni, come unica esponente femminile nella Scuola Romana di Piazza del Popolo, si è sempre riconosciuta alla pari degli uomini. Così, il rifiuto da parte di un collezionista nei primi anni della sua carriera, non le ha impedito di diventare un’artista affermata e di successo.
Come sottolinea Raffaella Perna, «già prima che il pensiero e la pratica del femminismo si riflettano sull’arte italiana, Fioroni – unica artista donna legata alla Scuola di Piazza del Popolo – compie scelte iconografiche diverse da quelle dei colleghi maschi, concentrandosi su figure femminili o legate alla sua infanzia per dar voce alle istanze del personale».
Ad esempio, se confronti le due immagini in basso puoi notare la contrapposizione iconografica tra l’opera di Fioroni e quella di Schifano.

A sinistra © Giosetta Fioroni, Gli involucri, 1967, smalto industriale su carta, cm 100×70. A destra © Mario Schifano. Manifesto al 1 canale TV. A Marinetti e al primo Futurismo, 1967, 96×68.
Ma non è finita qui! Giosetta riuscì a distanziarsi anche dalla pop art americana, ai quali è erroneamente associata, soprattutto nei noti argenti, serie iniziata nel 1963 esposta l’anno dopo alla Biennale di Venezia.
“Nel caso del Pop americano si potrebbe dire che l’oggetto domini e che il soggetto sia trattato con sospetto. Nel caso del Pop europeo, tuttavia, è l’oggetto astratto dall’universo tecnologico che entra nel dominio del soggetto […]. Al posto del duro isolamento degli oggetti alla maniera degli americani, gli oggetti sono giustapposti, accostati, per cui si può sempre cogliere un commento, un significato personale esplicito.” [1]
In effetti, per quanto riguarda Giosetta Fioroni l’uso dello smalto argentato crea un effetto enigmatico, totalmente diverso dall’effetto prodotto dai colori vivaci della Pop Art americana. La sua sensibilità artistica ricercata emerge nel suo lavoro nonostante utilizzi immagini estrapolate dalla realtà.
Infatti esse sono trattate in modo soggettivo e fanno emergere l’animo intimo della sua poetica.
Se guardi bene l’immagine in basso, la tela oltre al colore argento presenta ancora il disegno sottostante. Infatti, per realizzare questi dipinti Giosetta proiettava delle fotografie sulla tela, dai quali ricalcava i contorni ed infine stendeva il colore.

© Giosetta Fioroni, La ragazza della tv, tela, 1964, cm. 140×100, collezione GNAM Roma
In pratica, il grande passo di Giosetta Fioroni è stato proprio quello di mettersi in gioco elaborando un punto di vista personale. Lei che si era formata nell’ambito dell’informale e dell’espressionismo astratto americano, trova la sua strada nel figurativo, nel quale si fa sentire la rappresentazione dei sentimenti, declinata attraverso soggetti estrapolati dal quotidiano come il cuore, la lampadina o l’orologio, e naturalmente le donne.
Insomma, una vera badass.
Scrivere in questo articolo tutta l’opera e la storia di Giosetta Fioroni sarebbe impossibile e fin troppo riduttivo. Ci sono tantissime altre cose che vorrei dire su questa formidabile artista, che purtroppo ho dovuto tralasciare.
Se l’articolo ti è piaciuto o vuoi saperne di più scrivimi un commento!
[1] A. Boatto, ‘Manhattan Dada e Pop’, Marcatré, 11-13, febbraio 1965, ora in C. Gilman, ‘Giosetta Fioroni in mostra’, in G. Fioroni (a cura di), Giosetta Fioroni. My Story-La mia storia, Mantova, Corraini, 2013, p. 8.
Rispondi