E’ giusto “salvare” la Street Art dal luogo in cui è stata concepita? Questo forse è uno dei tanti dilemmi amletici del mondo dell’arte. In questo articolo ti parlerò nello specifico del caso di Banksy, lo street artist più famoso di tutti i tempi, spesso soggetto a “salvataggi” da lui non autorizzati.

Haight Street Rat

“Haight Street Rat” di Banksy, 2010, ‘Saving Banksy’ Toronto exhibit allo Yorkville Village, Toronto. Photo: Brian Grief

Ciao! Innanzitutto grazie per essere qui sul mio blog. Oggi cercheremo di rispondere a una questione molto spinosa.

No non sto parlando del senso della vita o dell’origine dell’universo, bensì del salvataggio della Street Art.

L’arte dei graffiti può essere effimera: un’immagine dipinta con le bombolette spray – finché qualcuno non la danneggia, o il proprietario di un immobile la copre – è, almeno per poco, visibile liberamente a tutti.  Le opere di Banksy in particolare durano nel tempo, anche grazie agli sforzi straordinari che si fanno per salvarle.

Ti assicuro che l’argomento “salvataggio” crea molte polemiche nel mondo dell’arte.

Ho deciso di parlarti di questa tematica perché mi è capitato ultimamente di guardare Saving Banksy su Netflix, un documentario del 2017 che parla della storia controversa di un’opera di Banksy e di colui che si era posto l’obiettivo di salvarla, il collezionista Brian Greif.

Uno dei ratti di Banksy a Londra. La frase riporta “If graffiti changed anything – it would be illegal” (Se graffiti avessero cambiato qualcosa sarebbero stati illegali) .

Chi è Banksy?

La sua identità è sconosciuta, secondo alcune fonti si ipotizza che sia nato nel 1954, o nel 1975. La sua carriera artistica inizia a Bristol, la sua città natale, per poi diffondersi a Londra e in tutto il mondo.

Il suo stile è il suo marchio di fabbrica. Se non hai mai sentito il nome di Banksy, probabilmente hai visto il suo lavoro. 

I suoi pezzi più famosi (e tecnicamente illegali) includono una bambina col palloncino, una serie di scimmie che proclama che un giorno le scimmie regneranno sul mondo, e soprattutto i ratti.

Utilizza la tecnica dello stencil, la cui rapidità è essenziale quando si dipinge illegalmente per strada.

Mentre alcuni chiamano il suo lavoro vandalismo, la maggior parte della gente lo vede come un brillante interprete della condizione umana contemporanea. Una di queste persone è Brian Greif: artista, collezionista d’arte e curatore.

Il documentario

Questa particolare storia inizia nell’aprile del 2010, quando Banksy volò a San Francisco dalla sua terra natia, la Gran Bretagna, e realizzò un certo numero di pezzi in tutta la città, da North Beach a Chinatown.

San Francisco aveva un’ordinanza anti-graffiti molto severa (ora non è più così severa). In pratica una legge imponeva ai proprietari degli immobili di cancellare scritte e disegni sui muri, pena una salatissima multa.

Oltre a questo non bisogna escludere i tagger che danneggiano i graffiti.

Vandalizzare un’opera vandalica… ma quanto è controversa la street art?

Ma andiamo avanti.

Sfortunatamente i pezzi del lavoro di Banksy a San Francisco sono stati cancellati entro poche ore dalla loro scoperta. Tutti tranne uno.

Il superstite è stato battezzato Haight Street Rat e Brian Grief è colui che si è occupato del suo salvataggio.

In cosa consiste il salvataggio?

Generalmente si utilizza una tecnica analoga a quella che usano i restauratori per staccare gli affreschi. In questo caso tuttavia essendo il rivestimento in legno è bastato tagliare ogni singolo pezzo.

Chiaramente quando il proprietario dell’immobile ha scoperto di avere un Banksy sulla propria parete di certo non l’ha dato via gratis. Ci sono voluti due mesi per negoziare un prezzo accettabile con il proprietario.

In aggiunta ci sono state le spese per rimuovere il graffito.

Banksy. Stop and Search, 2007; stencil and spraypaint on stone taken from Bethlehem; 83 in. x 63 in. Installation view, Banksy Out of CONTEXT, CONTEXT Art Miami, 2012. Courtesy of Keszler Gallery in association with Bankrobber Gallery.

Banksy. Stop and Search, 2007; stencil and pittura spray prelevati da Betlemme; 83 in. x 63 in. Installation view, Banksy Out of CONTEXT, CONTEXT Art Miami, 2012. Courtesy of Keszler Gallery in association with Bankrobber Gallery.

Nonostante abbia ricevuto offerte da capogiro per acquistare l’opera (fino a 700 mila dollari) , Grief era intenzionato a donare l’opera al San Francisco Museum of Modern Art, in modo da poterla conservare, valorizzare e soprattutto restituirla al pubblico.

Ci è riuscito?

No, nessun museo voleva prendersi la responsabilità di acquisire un’opera non autenticata senza l’autorizzazione dell’artista.

Qui la domanda sorge spontanea… Come fa un artista anonimo ad autenticare delle opere illegali?

Con la street art certi argomenti sono spesso intricati. Per quanto riguarda Banksy c’è la società Pest Control Office Limited che si occupa di autenticare le opere e di controllare e tutelare l’utilizzo del nome e l’immagine dell’artista.

D’altra parte la Pets Control non autentica i graffiti che vengono strappati via.

Grief non riuscendo a donare l’opera a nessun altro museo, da allora sino ad oggi, si è limitato a conservare l’opera nell’armadio di casa sua, e tenta di esporlo gratuitamente in occasioni come Miami Basel, la fiera d’arte di Miami.

Perché lui crede che la street art nasca per strada per la gente e debba essere fruita da tutti, non solo da coloro che si possono permettere di acquistarla.

Blu in azione mentre cancella uno dei suoi murales di Bologna (foto Michele Lapini/Eikon studio) (eikon)

Blu in azione mentre cancella uno dei suoi murales di Bologna (foto Michele Lapini/Eikon studio) (eikon)

Se non è più per strada, possiamo ancora definirla Street Art?

La domanda ha molteplici risposte.

Non credo esista quella giusta, ma sono convinta che decontestualizzare un’opera di strada porti ad una sua perdita di senso.

Se poi lo si fa unicamente per soldi l’unica cosa che ho da dire è NO COMMENT! 

Anche gli street artist sono di quest’idea. Nel documentario vengono intervistati noti street artist come Risk, Revok, Ben Eine, Blek Le Rat, Lister, Niels Meulman, Herakut e Glen E Friedman.

Tutti sono consapevoli che la loro arte non è fatta per durare per sempre. E sopratutto non è fatta per essere venduta a quei pochi che possono permettersela.

Non solo loro la pensano così. Qualche anno fa proprio in Italia lo street artist Blu cancellò il suo graffito a Bologna perché stava per essere strappato da un palazzo in demolizione ed esposto in una mostra a Palazzo Pepoli.

Come puoi notare la questione è molto complessa.

Parliamo di arte illegale, fatta per essere vissuta quotidianamente dalle persone. Ma è un’arte effimera, che può essere danneggiata o cancellata da un momento all’altro.

Certamente guardare le opere nel loro contesto originale sarebbe auspicabile, ma è anche quasi impossibile per la maggior parte delle persone.

La maggior parte dell’arte di strada, è spesso posta in proprietà private e non è più di proprietà dell’artistaIl destino del lavoro è lasciato nelle mani degli altri.

Sono sicura che sarai d’accordo con me se dico che la popolarità di Banksy lo portato a diventare un’icona culturale degna di conservazione storica.

Ciò di cui stiamo veramente discutendo, credo, è come la sua eredità debba sopravvivere e quale ruolo l’artista debba avere in queste decisioni.

Mi piacerebbe sentire la tua opinione!

Pensi che la street art debba essere conservata in un museo o in una casa privata, o debba rimanere per strada?

Tu cosa avresti fatto se avessi un’opera da un milione di dollari sulla parete di casa tua?

Parliamone nei commenti!